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giovedì 26 settembre 2013

LA PAROLA PIU' BELLA DEL MONDO


Qual è la parola più bella del mondo? Qualcuno l'ha già cercata. Riporto testualmente:

La redazione della rivista tedesca Kulturaustausch ha organizzato una gara tra le parole "del cuore" provenienti da tutto il mondo. Alla competizione hanno partecipato 58 paesi. 

La classifica delle prime 7 parole è:

  1. YAKAMOZ (lingua turca) = riflesso della luna sull'acqua
  2. HU LU (lingua cinese) = russare, dormire profondamente
  3. VOLONGOTO (lingua Baganda, Africa) = caotico
  4. OPPHOLDSVAER (lingua norvegese) = la luce del giorno dopo la pioggia
  5. MADALA (lingua Hausa, Africa) = grazie a Dio
  6. SAUDADE (lingua portoghese) = nostalgia
  7. PEREKOTIPOLE (lingua ucraina) = il corridore del deserto
Fonte: TOPOLINO, n. 2723 del 05.02.2008

giovedì 4 luglio 2013

Kintsugi




Scopro da Fb: 

"Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro.
Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello. 

Questa tecnica è chiamata Kintsugi."

Oro al posto della colla. Metallo pregiato invece di una sostanza adesiva trasparente.
E la differenza è tutta qui: occultare l'integrità perduta o esaltare la storia della ricomposizione?
Chi vive in Occidente fa fatica a fare pace con le crepe.
"Spaccatura, frattura, ferita" sono percepiti come l'effetto meccanicistico di una colpa, perchè il pensiero digitale ci ha addestrati a percorrere sempre e solo una delle biforcazioni: o è intatto, o è rotto. Se è rotto, è colpa di qualcuno.
Il pensiero analogico -arcaico, mitico, simbolico-  invece, rifiuta le dicotomie e ci riporta alla compresenza degli opposti, che smettono di essere tali nel continuo osmotico fluire della vita.
La Vita è integrità e rottura insieme, perché è ri-composizione costante ed eterna.
I giapponesi che hanno inventato il Kintsugi l'hanno capito più di sei secoli fa - http://en.wikipedia.org/wiki/Kintsugi  - e ce lo ricordano sottolineandolo in oro.

 

mercoledì 26 giugno 2013

GIORNATARANCIONEROSSA


Quanto colore ci sta in un'unica giornata?
Mi risveglio sotto gli alberi, accarezzata da cinguettii di passeri e frusciare di fronde.
Saluto gli amici, e mi assale la malinconia; ricaccio le lacrime per un futuro sterile ed un passato abortito.
Guido e mi ritrovo a fare una manovra impossibile e perfetta, che impossibile e perfetta era solo nella mia mente.
Vedo centinaia di persone che camminano sull'asfalto in kimono ed infradito e non mi stupisco.
Guardo la canicola dal finestrino dell'auto e mi sembra irreale nell'irrealtà artificiale dell'aria condizionata.
Corro all'ospedale e trovo una stanza che sembra quella di un hotel a poche stelle, ma ha la tv.
Mi godo il tramonto, aspettando l'inizio di uno spettacolo di danza seduta su una sedia da regista sull'erba, sola nella folla.
Un'unica giornata, arancione e rossa.

mercoledì 19 giugno 2013

BUONE NOTIZIE

E se invece di un ciclone funesto, le parole in cui ci imbattiamo ogni giorno fossero un'oasi di pace?
E se il primo quotidiano che sfogliamo al mattino fosse http://www.buonenotizie.it/ ?
E se il benzinaio ci augurasse una sincera "buona giornata" e la commessa ci restituisse il resto con il sorriso?
E se all'e-mail del cliente incazzato rispondessimo con una carezza verbale fatta di comprensione e cortesia? 
E se la coda al semaforo fosse un'occasione per meditare invece di imprecare?
E se al bar ci ricordassimo il detto che recita "Great minds discuss ideas, average minds discuss events, small minds discuss people"?
Di che colore sarebbe la nostra giornata?


mercoledì 5 giugno 2013

ACQUA DI PAROLE


Fiumi di parole senza suono.
Elisir d'inchiostro o pixel.


















Talvolta ruscello, talvolta cascata.








Quasi sempre sorgente.
Raramente risacca.





Goccia dopo goccia la fluidità è garantita, e anche se non rimane dov'è, se scorre via,
è stata frescura, linfa, onda, vita, movimento, nutrimento.












L'acqua di parole genera gratitudine.
Come pioggia, la prendo quando viene, la sospiro quando manca, mi rende malinconica quando è troppa, mi rende testimone dei solchi che lascia sualla mia terra...









L'acqua di parole genera consapevolezza.
So che scompare poco dopo che è giunta, assorbita o evaporata.
So che c'è, trasformata.
E so che dà frutti.




martedì 7 maggio 2013

DONNE

“Voglio vedere donne con la loro femminilità nei gesti morbidi e gentili,
nei sorrisi aggraziati,
nelle movenze seducenti, ma accennate,
dalle parole dolci e decise allo stesso tempo.
Dai pensieri originali e nuovi.
Vorrei vedere donne indipendenti,
non succubi dell’uomo a cui immolano la propria dignità,
femmine dai cuori di ghiaccio fuso,
compagne e amiche dell’uomo,
libere e sincere.
Vere.”
(Charles Bukowski)
 
 
 
Gesti morbidi...
 
 
 
Sorrisi...
 
 
 
Movenze seducenti, ma accennate...
 
 
 
Parole dolci e decise...
 
 
 
Pensieri originali e nuovi...
 
 
 
Libere e Sincere...
 
 
 
Vere.
 

Di che colore ci vogliono gli uomini?

 

giovedì 2 maggio 2013

NOSTALGIA

La nostalgia
è la sofferenza provocata
dal desiderio inappagato di ritornare.
Milan Kundera, L'ignoranza, 2001


Ogni tanto arriva  il giorno in cui mi sento così:
Il  corpo è limitato e si confonde.
Il buco vuoto dentro di me si espande, enorme, sulla terra che mi lascio alle spalle.
Allora comincio a farmi qualche domanda, a cercare il nome di ciò che mi manca, il senso di ciò che ho perso, e mi ritrovo così:


...la strada dei desideri dissolta, il vuoto sotto ai piedi.

Mentre aspetto che mi spuntino le ali, mi poso su un ramo e mi metto a capire. Così:



E anche se la nostalgia come sempre non ha pietà, e ritrovo la certezza che non posso ritornare alla pienezza, da quel ramo guardo la terra (o il cielo) e scelgo su quale strada ricominciare.

martedì 2 aprile 2013

Il ventre della Terra



"Tra il reale e l'irreale c'è una porta:
quella porta siamo noi."
Jim Morrison

Nel ventre della Terra la porta tra reale ed irreale non c'è.
Percorri un budello di roccia lungo centinaia di metri, ti si chiudono alle spalle barriere a tenuta stagna, ed entri in una grotta che non è un buco, perché non è vuoto. Ed è uno spazio.
La mente perde i punti di riferimento e smette di calcolare. Si placa.
Non molla del tutto e allora s'inventa i nomi: stalattiti, stalagmiti, colonne... s'inventa figure nelle forme: canne d'organo, vele, bucatini...
E poi rinuncia.
Dentro una grotta la mente s'arrende all'irreale.
Allora vede migliaia di colori, tutti nati dal calcare, tutti irreali quanto il bianco.

martedì 12 marzo 2013

DONNA & CREATIVITA'



Per tutti "CREATIVITA'" è diventata una parola di uso quotidiano, spesso applicata proprio alla cosiddetta “creatività femminile”, eppure è entrata nel lessico comune solo a partire dagli anni ’50 quando sono iniziati anche in Italia gli studi sulla Creatività come processo cognitivo. Dante o Michelangelo non si sarebbero mai definiti dei creativi, perché la facoltà di creare era prerogativa esclusiva della divinità.
Eppure se ci facciamo guidare proprio dalle parole ed andiamo un po’ più in profondità, possiamo trovare che il verbo “creare” ed il verbo “crescere” hanno in comune la stessa radice, dal sanscrito KAR, che rimanda all’idea di “fare, formare, generare, far crescere,...”
La creatività è quindi “la capacità, posseduta da ogni individuo, che permette di produrre qualcosa di nuovo”, attivando le sinapsi in percorsi cognitivi inesplorati.
Evitiamo un fraintendimento: essere creativi non significa essere bizzarri, anticonformisti, trasgressivi a tutti i costi, significa piuttosto guardare l’eredità della tradizione con occhi nuovi, rielaborarla per dare alla luce un’innovazione permanente, e come sintetizza magistralmente Roberto Benigni, creativo è chi sa “trasformare la banalità in bellezza”.
L'essenza della creatività è dunque trovare solide fondamenta per nuove prospettive, guardare al Vecchio per scoprire il Nuovo, e forse è una formula magica che potrebbe risultarci utile in questi tempi confusi. Le donne lo fanno da sempre ed oggi ci stanno mostrando come si fa.
Ce lo mostrano nell'Arte più che in altri settori, dove ormai le studentesse delle accademie, ma anche critici e dirigenti museali sono sempre più ruoli declinati al femminile, tanto che si prevede che Camille Claudel o Frida Kalho non rimarranno più nomi isolati nella storia dell'arte dei secoli a venire.  E poiché anch'io condivido l'opinione di chi sostiene che ogni epoca compensa nell'Arte ciò che manca nella società, trovo scintille di verità in questa frase di Susanna Tamaro:
“Questa società così fredda, così necrofila, così impaurita, così cinica – e allo stesso tempo così travolta dalle sbornie del sentimentalismo – ha paura dello spirito femminile perché questo spirito, che è concreto, attivo, la spingerebbe in una direzione opposta. Tornare alla nostra vera natura vuol dire rimettere al centro dei nostri giorni una forza armata di dolcezza.”
E' una forza che ha il colore dell'oro.

DONNA & LAVORO



Quando si parla di LAVORO femminile, sarebbe più corretto parlare di “LAVORI” perché il singolare è improprio. Le attività quotidiane in cui le donne si spendono da sempre, sono plurali: lavoro pagato e non pagato, lavoro familiare e di cura, lavoro per l'autoconsumo nelle attività agricole, lavoro produttivo in fabbrica o in ufficio, lavoro a domicilio, lavoro precario...
“Pensare ed agire al plurale” porta una serie di vantaggi immediati: grande reattività, maggiore adattabilità, flessibilità strategica e soprattutto la possibilità di assumere funzioni polivalenti evita la prigione di un unico ruolo, che ahimè, spesso è il destino di molti uomini.
C'è anche un altro prezioso vantaggio che si realizza quando si pensa e si agisce al plurale come fanno molte donne, ed è quello di allenare l'occhio e l'anima a discriminare tra similitudini e differenze. Nella ripetizione dei gesti richiesti dal lavoro quotidiano risulta più facile allora scorgere gli indizi di originalità, le variazioni che rallegrano, i dettagli da cui nasce la bellezza.
La tradizione millenaria del ricamo o della decorazione su porcellana, solo per citare due esempi, sono testimonianza evidente di come dallo stato di bisogno le donne sappiano trarre armonia e splendore, di quanto l'abilità manuale femminile sappia tradurre la difficoltà materiale in levità.
I lavori delle donne hanno sempre una scia di colore bianco.

DONNA & NATURA


Sappiamo che l'abilità di riconoscere fiori, piante e frutti, di curarli e coltivarli si associa al femminile fin dall'alba dei tempi, tanto che gli studiosi ci dicono che furono le donne le prime ad inventare l'agricoltura, mettendo letteralmente a frutto l'osservazione dell'ambiente e la capacità di sperimentare che ben le caratterizza.
Il patrimonio mitologico di tutto il mondo ci porta memoria di questo rapporto privilegiato tra donna e natura, raccontandoci di una divinità femminile primordiale che nella capacità di generare  incarna la mediazione tra l'umano e il divino.
La ritroviamo nel mito della Madre Terra, nella divinizzazione del regno vegetale  che è Madre Natura, e in ogni espressione dell'archetipo della Grande Madre che dal Neolitico continua a riproporsi in varie forme.
Esempi sorprendentemente simili si hanno con la dea Cibele in area anatolica, Gea nell'area Greca, la Mater Matuta degli Etruschi, la Matka Ziemia dei popoli slavi e così via in tutte le civiltà, fino alla Pachamama degli Inca, la Madre Terra a cui ancora oggi le popolazioni andine tributano riti di restituzione del nutrimento che essa fornisce all'umanità.
Non stupisce dunque che nel momento in cui una donna si accinge a creare arte rivolga il suo sguardo alla Natura, perché è ciò che le è più simile, vicino e familiare. Tuttavia queste testimonianze antiche ci dicono che sarebbe semplicistico banalizzare questo sguardo pensando che sia influenzato esclusivamente dalla quotidiana frequentazione con il mondo vegetale, perché si tratta piuttosto di uno sguardo sacro che sa riconoscere il dono della bellezza divina del Cosmo e celebrarlo.
Le donne vedono i colori della Natura e non vedono solo il verde.

giovedì 7 febbraio 2013

CORIANDOLI



Amo i gesti inutili,
i gesti che lasciano
gli sguardi perplessi
le menti confuse
le aspettative ubriache.
Amo l'aria che diventa visibile,
grazie ad una mongolfiera
una pioggia di petali
un pennacchio di polvere.
Amo l'allegria,
il riso senza amarezza
la spensieratezza senza domani
la gioia senza paura.
Amo i coriandoli,
indispensabili
 aerei
 sorrisi.

martedì 22 gennaio 2013

GENNAIO

Gennaio è così:

gelido
arido
torpido
uggioso
intimista
introverso
silente
solitario
smorzato
spento
apatico
desolato
insofferente
inquieto
scontato
arrendevole
soporifero
lagnoso
confuso
buio
blues
blu.